Sono molto felice che negli ultimi mesi, su Instagram, si faccia un gran parlare di contenuti sponsorizzati: come vanno segnalati, come usare gli hashtag e le categorie. L’obiettivo, nel discuterne, deve essere formativo e professionale, non punitivo.
Questo argomento mi tocca molto (ed è uno dei punti di unione tra noi tre fondatrici di Professione Blogger), perché già nel 2011 fui promotrice della scrittura collettiva del Primo Codice Italiano di Autoregolamentazione Pubblicitaria dei Blogger.
Premessa fondamentale generale: la pubblicità va sempre segnalata in modo inequivocabile.
In questa frase si riassume esattamente tutto quello che un Blogger professionista o un Influencer devono fare:
- segnalare sempre ogni tipo di collaborazione pubblicitaria, sia a fronte di una remunerazione, che di un omaggio (perché si tratta sempre di pubblicità per quel brand);
- fare in modo che la segnalazione sia inequivocabile, ovvero che l’utente possa riconoscere subito la pubblicità senza il minimo dubbio.
Ecco, il post potrebbe essenzialmente finire qui. Ma credo che sia indispensabile fornire anche una serie di spunti riguardanti la Legislazione in materia, che possiate condividere con eventuali brand o agenzie che, per sbaglio, chiedono di non segnalare la pubblicità.
La pubblicità occulta è un reato: ecco cosa dice la Legge
Secondo l’ordinamento giuridico italiano (come definito dall’articolo 2 del decreto legislativo 145/2007) la pubblicità ingannevole è :
qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, sia idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, sia idonea a ledere un concorrente.
(DECRETO LEGISLATIVO 2 agosto 2007, n. 145, Attuazione dell’articolo 14 della direttiva 2005/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole (GU Serie Generale n.207 del 06-09-2007) – note: Entrata in vigore del decreto: 21-9-2007)
L’Unione Europea già nel 2010, in un’analisi sull’impatto della pubblicità sul comportamento del consumatore, e poi nella Direttiva 2006/114/CE concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, in sintesi, decretava che la pubblicità ingannevole è assimilabile a una pratica commerciale illecita.
Le pubblicità che inducono in errore, o possono indurre in errore le persone che le ricevono, sono vietate. Infatti, il loro carattere ingannevole può influenzare il comportamento economico dei consumatori e dei professionisti o ledere un professionista concorrente.
Nella Risoluzione del Parlamento europeo del 15 dicembre 2010 sull’impatto della pubblicità sul comportamento del consumatore (2010/2052(INI)), in particolare, venivano già evidenziate le:
Problematiche derivanti dallo sviluppo di Internet e di nuove tecnologie:
- art. 17: lo sviluppo di una pubblicità «occulta» su Internet, attraverso la diffusione di commenti su reti sociali, forum o blog, il cui contenuto è difficilmente distinguibile da una semplice opinione
ritiene pertanto che il consumatore rischi di essere indotto a prendere decisioni erronee credendo che l’informazione sulla quale si basa provenga da una fonte obiettiva; deplora i casi in cui talune aziende finanziano direttamente o indirettamente qualsivoglia azione intesa a favorire la diffusione di messaggi o commenti che sembrano provenire dai consumatori stessi laddove si tratta in realtà di messaggi di natura pubblicitaria o commerciale; invita la Commissione e gli Stati membri a garantire, a tale proposito, la corretta attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali.
A seguito di queste risoluzioni, negli anni, i singoli Stati europei hanno preso vari provvedimenti.
In Italia attualmente la pubblicità ingannevole è disciplinata da:
- D.lgs. 145/2007, disciplina relativa alla tutela del professionista
- D.lgs. 146/2007, che aggiorna il Codice di Consumo negli artt. da 18 a 27, inserendo il concetto di pratiche commerciali scorrette a danno dei consumatori e delle micro-imprese.
La competenza in materia ricade sull’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale 66ª edizione, in vigore dal 29 aprile 2019 (la 1ª edizione del Codice risale al 12 maggio 1966), nel Titolo I – Regole di comportamento, dice:
Art. 2 – Comunicazione commerciale ingannevole
La comunicazione commerciale deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l’identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti. Nel valutare l’ingannevolezza della comunicazione commerciale si assume come parametro il consumatore medio del gruppo di riferimento.
Art. 7 – Identificazione della comunicazione commerciale
La comunicazione commerciale deve sempre essere riconoscibile come tale. Nei mezzi e nelle forme di comunicazione commerciale in cui vengono diffusi contenuti e informazioni di altro genere, la comunicazione commerciale deve essere nettamente distinta per mezzo di idonei accorgimenti.
Per quanto riguarda talune forme di comunicazione commerciale diffuse attraverso internet, i principali idonei accorgimenti sono indicati nel Regolamento Digital Chart.
In Italia, in quanto creatori di contenuti digitali, abbiamo come punto di riferimento lo IAP, Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, che ha realizzato la Digital Chart, le linee guida sulla buona comunicazione pubblicitaria online.
Autodisciplina, ovvero su base volontaria. Ma chiaramente riferito alle Leggi che ho già citato fin qui.
Non appellatevi dunque al fatto che la Digital Chart sia su base volontaria, perché comunque la Legge non lo è affatto.
Secondo la Digital Chart dello IAP, rispetto a Celebrity – Influencer – Blogger:
Il fine promozionale del commento o dell’opinione espressa da celebrity/influencer/blogger, qualora non sia già chiaramente riconoscibile dal contesto, deve essere reso noto all’utente con mezzi idonei (art. 7 C.A.). Il C.A. non indica modalità obbligatorie per segnalare agli utenti il fine promozionale del contenuto espresso, tuttavia celebrity/influencer/blogger, per rendere riconoscibile la natura promozionale dei contenuti postati sui social media e sui siti di content sharing devono inserire in modo ben distinguibile nella parte iniziale del post la dicitura: “Pubblicità /Advertising”, o “Promosso da … brand/Promoted by…brand” o “Sponsorizzato da…brand/Sponsored by…brand” o “in collaborazione con …brand” o “in partnership with …brand”;
e/o entro i primi tre hashtag (#) una delle seguenti diciture: “#Pubblicità/#Advertising”, o “#Sponsorizzato da … brand/#Sponsored by… brand ” o “#ad”unitamente a “#brand”
Nel diverso caso in cui il rapporto fra celebrity/influencer/blogger e inserzionista si limiti all’invio occasionale da parte dell’inserzionista dei propri prodotti gratuitamente o per un modico valore, e la celebrity/influencer/blogger li citi, li utilizzi o li mostri nei propri post, in questi ultimi non dovranno essere inserite le avvertenze di cui sopra, ma soltanto un disclaimer ben leggibile, ad esempio del seguente tenore: “prodotto inviato da…brand”.
Molti Blogger si appellano alla frase: ‘qualora non sia già chiaramente riconoscibile dal contesto’, per omettere la scritta AD.
La riflessione che vi invito a fare è questa: siamo sicuri che ‘il contesto’ sia chiaramente riconoscibile, ovvero in modo inequivocabile?
Mettere AD vi solleva da questa responsabilità.
Secondo la Digital Chart dello IAP, rispetto ai Vlogger:
Al fine di segnalare agli utenti la natura promozionale del contenuto espresso, è necessario che siano usati accorgimenti idonei, quali:
collaborazione con brand: l’inserimento di appositi disclaimer posti nelle inquadrature di inizio o finali del vlog (ad esempio: “brand presenta…” o “in collaborazione con …brand”), o la presenza di dichiarazioni verbali dello stesso vlogger all’interno del vlog, qualora il vlogger realizzi un vlog che nella forma e nel contenuto risulti coerente al proprio stile comunicazionale (titolo, argomento, tono, ecc.) ma che sia incentrato sul brand o sul prodotto dell’inserzionista;
product placement: L’inserimento di appositi disclaimer posti nelle inquadrature di inizio e di fine del vlog, ovvero in sovraimpressione in concomitanza con le inquadrature promozionali, o attraverso le dichiarazioni del vlogger stesso all’interno del vlog qualora all’interno del vlog il vlogger citi, utilizzi o inquadri il brand o un prodotto dell’inserzionista, o vi sia una parte del vlog esclusivamente dedicata alla promozione degli stessi,
prodotti del vlogger: L’inserimento di una dichiarazione verbale all’interno del vlog, o con apposito disclaimer nei titoli di inizio del vlog, o in sovrimpressione in concomitanza con le inquadrature promozionali qualora il vlogger promuova propri prodotti o brand all’interno del vlog;
forniture gratuite o di modico valore: l’inserimento di un disclaimer verbale in premessa ad esempio: “Questo prodotto mi è stato inviato da.. brand”,) e/o un disclaimer ben leggibile ad esempio: “prodotto inviato da…brand” qualora il vlogger riceva occasionalmente dall’inserzionista gratuitamente o per un modico valore i prodotti dello stesso e questi li citi, li utilizzi o li inquadri nei propri video.
Per riassumere, ecco come segnalare correttamente la pubblicità online
Quindi, il messaggio che deve passare è che il contenuto pubblicitario deve essere subito riconoscibile e ben visibile, e non deve generare ambiguità nell’utente.
Per esempio recentemente, sulle storie di Instagram, vedo che molti influencer scrivono #AD sotto la foto profilo, sotto lo spazio per i messaggi, o addirittura colorando la scritta come il colore di sfondo della foto per mimetizzarla. Ecco: questo va esattamente contro la Legge. Perché la Legge impone che la segnalazione pubblicitaria sia visibile e inequivocabile. E va bene se lo dite a voce, ma se aggiungete l’hashtag è sempre meglio, per chi non guarda le storie con l’audio inserito. Tenete a mente queste due parole chiave e non sbaglierete: visibile e inequivocabile.
Quindi, per riassumere:
- POST: esplicitare il contenuto sponsorizzato ad inizio post, con apposita dicitura o tag o hashtag;
- LINK: i link frutto di articoli sponsorizzati, devono per Google essere contrassegnati dal tag SPONSORED;
- FEED INSTAGRAM: esplicitare il contenuto sponsorizzato inserendo apposita dicitura o hashtag, prima degli altri hashtag;
- STORIA INSTAGRAM: esplicitare il contenuto sponsorizzato inserendo apposita dicitura o hashtag in tutte le storie, oppure, per chi ha già la funzione attiva utilizzare l’apposito strumento ‘tagga il partner commerciale’;
- VIDEO: esplicitare il contenuto sponsorizzato inserendo apposita dicitura in sovraimpressione, o dichiarandolo a voce; meglio ancora se esplicitato anche nella descrizione del video;
- FACEBOOK: utilizzare l’apposito strumento ‘tagga il partner commerciale’;
- AFFILIAZIONI: esplicitare il link affiliato inserendo apposita dicitura, per esempio #affiliazione o #linkaffiliato.
Pubblicità è qualunque messaggio che promuova un prodotto o un brand dietro un ‘compenso’, anche se non siete pagati in denaro, ma in cambio merce.
Quindi, ecco come comportarsi:
- AD / ADV = si usa quando riceviamo un compenso in denaro;
- GIFT / GIFTED = si usa quando riceviamo un compenso sotto forma di omaggio.
Quando NON va usato AD / GIFT: quanto state parlando di un prodotto che avete acquistato con i vostri soldi, che vi piace e volete condividere con i vostri follower, senza essere pagati, né omaggiati, da quel brand, e senza avere con esso collaborazioni di alcun tipo in corso.
Vi lascio un’infografica riassuntiva, che potete anche scaricare: Come segnalare correttamente la pubblicità online.
Webbytechi dice
Ciao Barbara, grazie del post
Probabilmente devo ancora leggere e rileggere questo articolo per capirlo al meglio.
Meno male che mi sono imbattuto nel tuo blog, così imparo un po di cose.
Grazie di tutto.
Volevo chiederti una curiosità:
Se nel mio blog argomento una recensione di un prodotto e poi concludo con un link
di affiliazione verso amazon,
appena prima del link devo specificare che è promozionale? Oppure basta specificarlo all’inizio dell’articolo come hai detto tu nel post?
Barbara dice
Sì, i link affiliati vanno sempre segnalati.
Per esempio io uso questa frase:
Link affiliazione Amazon: xxx
claudia dice
Tutto molto utile!
Ma la violazione della normativa menzionata non è un REATO.
Reato è un illecito penale, nel caso oggetto del presente articolo, invece, si tratta di un illecito civile.
Due cose completamente diverse accumunate solo dalla illeicità ma con conseguenze sanzionatorie ben diverse.
Attenzione ad usare termini legali senza averne le doverose competenze.
Barbara dice
Grazie!
Faby dice
Ciao! Che differenza c’è tra la recensione di un servizio sotto compenso economico e una scritta di propria volontà senza accordi con nessuna compagnia? Come fa la legge a metterti nei guai quando magari tu, blogger, ti alzi la mattina e decidi di consigliare ai lettori un servizio che ti piace senza essere pagato per questo? Saluti!
Barbara dice
Puoi segnalare qualsiasi servizio che ti piace, e non c’è nessuno che potrà dirti nulla.
Nel caso venissi seganaltu da qualcun all’autorità competente, starà poi a te dimostrare di non aver avuto accordi per promuovere quel brand. Per maggiore sicurezza, se senti che non è sufficientemente percepito, basta dirlo.
Io per esempio, se suggerisco una cosa che amo, lo scrivo esplicitamente: non mi pagano per dirlo / non è una pubblicità / me lo sono comprato, ecc