È proprio vero che Alessandro Marras è tra i top travel blogger italiani? Sicuramente appare in tutte le liste dedicate all’argomento, ma è il primo a precisare che la definizione di blogger non è esatta: il suo core business poggia su Instagram e YouTube, perché “è vero che il blog è tuo e quello che metti sui social non lo è, ma è sui social che girano i soldi. Focalizzarsi solo sul blog è un errore, dal punto di vista della monetizzazione”.
Alessandro è oggi un influencer da manuale: si è inventato un mestiere mettendone diversi insieme, e campa di quello che ama fare di più.
Mi sono fatta raccontare il suo percorso in questa intervista.
Come è nato il personaggio pubblico Alessandro Marras?
“Nel 2005/2006 ho fatto l’Accademia di Spettacolo con Pino Insegno, dove ho costruito il mio background di recitazione e dizione. In quel periodo, il regista che si occupava delle riprese esterne di “Alle falde del Kilimangiaro” (programma Rai ad argomento viaggi, in onda dal 1998, ndr) mi ha chiesto di andare a fare un video con lui, e mi sono reso utile dove lui aveva un punto debole, ovvero l’organizzazione logistica. Anche se sapevo poco l’inglese mi sono buttato e ho imparato. Così, facendo l’aiuto-regista, ho accumulato esperienza anche dietro la telecamera”.
Durante la conversazione, torna spesso il concetto di osare, credere in se stessi, investire su di sé, coltivare i rapporti. Perché da cosa nasce cosa. È infatti grazie alle competenze acquisite sul lavoro in televisione che Alessandro ha avviato la sua carriera di travel influencer.
“Ho fatto un primo video durante un viaggio in Irlanda e l’ho fatto vedere a una fiera di settore dicendo: “potrei farlo anche per te”. Il fatto è che per vendere una cosa, devi farla vedere: devi avere una puntata zero. Poi qualcuno ti ingaggerà e avrai una puntata 1, e allora ne avrai due da far vedere…”.
Sono nati così il blog e il canale YouTube “I viaggi di Ale”, le collaborazioni con La 7, le citazioni su Forbes che hanno fatto trazione e hanno portato la sua faccia da essere il volto di Vueling. Da lì, il rebranding: AlessandroMarras.it “perché quando appari in prima persona, diventa subito lifestyle”.
“Il goal”, aggiunge “è stare dentro le grandi agenzie, perché poi fanno tutto loro per te. Ma per entrarci devi avere la credibilità, e questa non equivale ai grandi numeri. Quelli si fanno in fretta con il trash alla “non c’è coviddi”, ma Mariott o Rowenta non daranno mai la loro comunicazione a chi ha un milione di follower e ti sputtana un milione di volte. La credibilità si costruisce con prodotti di qualità e rapporti di qualità, con uno stile di comunicazione carismatico, forte. Può essere leggero o Super Quark, ma deve essere coerente. Il mio ad esempio è tutto visivo, costruito su produzioni leggere per YouTube”.
Come ci si afferma, quindi, nel settore del travel blogging?
“Prima di tutto bisogna essere molto diplomatici. Viaggiando si impara letteralmente a saper stare al mondo, a essere rispettosi. È sì un business, ma se lo fai solo per soldi ti perdi qualcosa: bisogna avere la visuale ampia, esplorare contesti che poi magari portano degli sponsor.”
Parli di comarketing, ovvero della creazione di campagne che mettono insieme più brand?
“Sì, esatto. La situazione vincente è unire più cose per creare un grande prodotto, guadagnare di più e ampliare la propria rete di contatti. Io ad esempio unisco travel e fashion: magari mentre sono ospitato da una bella struttura e la promuovo #suppliedby, faccio stories e foto cambiando più camicie di un brand con #adv”.
Muoverti per raggiungere una destinazione e passarci dei giorni mostrandola sui social è un lavoro, non una vacanza. Francamente, per noi di Professione Blogger, il lavoro va pagato in soldi, non in natura!
“Ma i rapporti tra le persone sono alla base di tutto: ci si viene incontro per creare bellezza. Senza contare che esserci adesso, nei momenti di crisi, vuol dire che quando la crisi finisce rimani in alto, hai la leadership.”
Cosa prevedi nel digital marketing del settore travel post-Covid?
“Questo è l’anno del territorio italiano. Il turismo è un mondo mobile, in cui bisogna essere abili nel sapersi adattare, dalla tenda in Islanda al cinque stelle a Dubai. Catene e compagnie chiudono, e non è un ridimensionamento: è un cambio epocale. Gli ultimi mesi hanno portato stimoli nuovi e inaspettati, come l’editore che mi ha chiesto di scrivere un libro. Io so che il mio forte è parlare e montare video; ma ho accettato perché anche nella crisi ci sono opportunità coinvolgenti.”
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