Ho già parlato a lungo delle mie idee per incrementare l’efficacia delle campagne pubblicitarie. Oggi aggiungo una seconda parte al tema: come creare advertising originali con iniziative coinvolgenti, che avvicinano il brand e gli utenti in modo reale. Dall’online, all’offline.
Campagne online: cosa funziona e cosa no
Spesso noi blogger siamo l’ultimo anello della catena della pubblicità online: quando una campagna arriva a noi, con il budget ridicolmente tagliato dalle intermediazioni precedenti, siamo noi a dover fare il lavoro, con scarsi mezzi. Più di una volta mi è successo di non avere materiali a disposizione, di non avere fotografie, non avere un brief, gli hashtag di campagna. Oppure mi è successo di ereditare un claim di campagna brutto e una creatività (il visual della campagna) inefficace.
Quando dico che i content creator andrebbero interpellati PRIMA di prendere le decisioni sull’esecuzione delle campagne, intendo proprio questo: non si può più progettare una campagna a tavolino da spalmare su vari blog, se non si rispetta il tono di voce di tutte le community coinvolte.
Lo so che alcune aziende non capiranno tutto questo, e continueranno a vivere nel loro mondo dorato dove l’amministratore delegato dice che quel claim è bellissimo, e che non può non funzionare! Quindi occhei, facciamocene una ragione, ma: parliamone, e cerchiamo anche aziende illuminate 🙂
Dal canto nostro, possiamo iniziare a pretendere dai clienti le giuste informazioni e i materiali per le campagne, prima di iniziare il lavoro.
Talvolta mancano i banner (o sono orrendi), mancano i testi, mancano i link, addirittura non sono online le piattaforme quando noi iniziamo a produrre contenuti. E non va bene. Anche i clienti devono iniziare ad essere puntuali.
Per avere appeal, una campagna deve anche possedere gli strumenti ‘istituzionali’ dell’azienda.
Lavorare di più con il concetto di Ambassador di prodotto
Come dico sempre, io parteggio per le campagne lunghe, in cui noi blogger possiamo scrivere contenuti di qualità spalmati sul lungo periodo.
Chi ci legge si stufa meno e soprattutto la campagna è più efficace. Io vedo i post ravvicinati come quei fuochi d’artificio che fanno un gran bel botto e poi non lasciano nemmeno le stelline nell’aria. Tutto si consuma nell’arco di poche settimane, e poi sparisce nelle timeline e negli archivi dei blog. Chi si ricorda, dei nostri utenti, quello che abbiamo scritto per quel cliente?
La soluzione può essere coinvolgere attivamente un Ambassador con la sua community: si trova una ambassador del progetto, e un gruppo di persone o tester che la affiancano per un breve periodo. Spalmando la campagna nell’arco di un anno, sul blog dell’ambassador, lettore ha il tempo di abituarsi alla presenza dello sponsor, prende confidenza, può anche essere parte attiva di alcune campagne, e soprattutto non è sempre in presenza di redazionali.
Trasformare alcuni sponsor in angel investor
La mia ulteriore idea è che gli sponsor diventino ‘angel investor’. Scelgono un blog che gli piace e che è in sintonia con i loro prodotti, e semplicemente appiccicano un bel banner con scritto: i contenuti di questo blog sono resi possibili da SPONSOR_X, che ha adottato l’intero progetto del blog.
Ci farebbero una bellissima figura, i blogger sarebbero contenti, i contenuti potrebbero seguire un progetto editoriale di ampio respiro e soprattutto inserirsi in un’operazione di native advertising apprezzata da tutta la community. E i lettori soprattutto non si stuferebbero, ma anzi penserebbero: Certo che questa azienda è proprio illuminata!
Scrivere storie, oppure recensioni
O storie, o recensioni. I contenuti pubblicitari possono essere guide, post emozionali che raccontano la nostra storia ed esperienza personale, o recensioni dettagliate del prodotto. Mescolare emozioni e publiredazionali è come ricevere in faccia un gavettone: le due cose non stanno bene insieme.
Io sono convinta che nel 2020 assisteremo a un ritorno prepotente delle recensioni all’americana: publiredazionali puntuali, dettagliatissimi, con le caratteristiche dei prodotti, le schede da scaricare, le gallery fotografiche e i video di presentazione del prodotto.
Le persone oggi, prima di effettuare acquisti, cercano opinioni online: creare una community che recensisce prodotti e ne parla, sarà una risorsa enorme per tutti gli ecommerce.
La pubblicità online si fa offline
La mia idea è che sempre di più, visto che la gente si è stufata della pubblicità onnipresente sui blog, bisogna uscire dalla sola campagna online e mescolare attività online ed offline.
Non a caso nel mondo degli ecommerce si parla proprio di strategia multichannel. I clienti arrivano oggi all’acquisto attraverso diversi touch point: i social, gli influencer, i blog, i siti di recensioni, i grandi ecommerce, i negozi fisici…
Le persone sempre di più cercheranno showroom in cui provare fisicamente i prodotti, fotografarli liberamente e anche scegliere dei regali per un budget prestabilito, per poi tornare a casa e acquistare online. Per ricevere tutto comodamente a casa, con i prezzi dell’ecommerce.
Interazioni esclusive tra brand e cliente
Una idea commerciale: Il mese di #…
Un # del mese che serve a comunicare con l’azienda: Porte aperte in Azienda_XXX per tutto il mese di Febbraio, su Twitter.
L’hashtag diventa quindi uno strumento davvero per usare bene twitter o un altro socialnetwork, per parlare con l’azienda e chiederle COSE: vorrei un passeggino così, i biberon fanno passare l’aria e creano le coliche, i ciucci rosa mi offendono, la sdraietta è bellissima grazie per averla inventata.
Anche in questo caso vince la spontaneità / autenticità, e quindi: l’azienda è pronta a gestire una possibile crisi se gli utenti in quel mese dovessero dire che i ciucci rosa sono offensivi? Devono essere pronti a raccogliere le idee delle persone. E a cambiare.
Coinvolgere i consumatori reali in progetti autentici, non di vanità
Nessun brand online può avere l’amore incondizionato dei suoi consumatori, i quali non hanno più voglia di impegnarsi a fare foto, elaborarle, caricarle sui siti dei brand, ecc…
Questo però è un vantaggio: la conversazione si sposta sull’esperienza, in una comunicazione bidirezionale con l’azienda, non più verticale. L’online sarà sempre meno stile pubblicità televisiva, e sempre più il punto di contatto per un’esperienza dal vivo.
Cosa si potrebbe fare? Di tutto!:
- coinvolgere un gruppo di consumatori a fare la spesa al supermercato e vedere chi riesce a comprare più prodotti con un buono di 50eur;
- recapitare la spesa a casa alle famiglie ambassador, e vedere chi cucina la ricetta migliore;
- organizzare micro eventi locali dentro gli shop;
- organizzare dei tour cittadini con camper mobili, come ha fatto l’Estetista Cinica;
- trovare uno sponsor che finanzi una maratona per una causa benefica, invitando le persone a partecipare;
- fare una experience esclusiva nel proprio showroom, alla presenza di una influencer;
- creare delle piattaforme temporanee di testing, in cui le persone si mettono in lista per provare il nuovo prodotto e recensirlo;
- proporre workshop e laboratori;
- invitare i clienti più fedeli a iniziative esclusive, per esempio la formazione sui prodotti, le dimostrazioni, gli eventi sociali;
- organizzare serate di divertimento puro a spese del brand;
- organizzare crociere tra brand e influencer.
Tutto questo poi viene anche raccontato online, attraverso i blog di chi partecipa, o attraverso i social.
Da pubblicità interruttiva a pubblicità utile ed esplicativa
In questi giorni mi è capitato di registrare una serie TV dal canale Top Crime, che è evidentemente in mano a Mediaset, e sono rimasta orripilata dalle interruzioni pubblicitarie. Se io non avessi registrato le puntate, per scorrere veloce la pubblicità, non credo sarei riuscita a seguire nemmeno il filo del discorso: 5-6-10 interruzioni ad ogni puntata significa usufruire di un contenuto frammentato, che perde il suo focus.
All stesso modo, pochi giorni fa, ho avuto la stessa sensazione sul Corriere, in un articolo in cui – ironicamente – si trattava il problema dell’analfabetismo di ritorno: un articolo spezzato in 52 click, impaginato malissimo all’interno di un frame, con delle copie di schermo minuscole persino dal mio grande schermo PC.
Se davvero in Italia abbiamo il problema che la gente non riesce più a cogliere il significato di un contenuto, non è che il problema è proprio il contenuto?
La pubblicità online serve dunque a fare 52 click con un solo articolo? Davvero è questo il suo scopo?
Oppure avrebbe avuto maggiore efficacia se quell’articolo fosse stato realmente fruibile, magari con un test interattivo? Avremmo forse fatto meno click, ma il tempo di permanenza sulla pagina (e conseguente tempo di visualizzazione dei banner) sarebbe stato maggiore, e maggiori le azioni sul post.
Per me è stato non solo inutile, ma anche frustrante.
Così, riflettevo: se amiamo la pubblicità e crediamo che possa comunicare davvero qualcosa di importante (ispirante, informativo, piacevole, divertente, utile…), dovremmo prendercene cura con maggiore attenzione.
E allora ho avuto una illuminazione: la pubblicità del futuro sarà sempre meno interruttiva, e sempre più intrattenimento e informazione. Sono certa che vedremo rinascere almeno due tipi di esperimenti, in chiave moderna:
- Il Carosello, come intrattenimento di varietà pubblicitario: una pubblicità nativa che diverte e racconta storie (un esempio per tutti: i The Jackal);
- La Televendita, modello QVC (un po’ meno yeah e wow), come strumento per valorizzare il prodotto, descriverlo, mostrarne il funzionamento. A tal proposito posso citare Raffaella, che tramite Instagram, nei giorni del Black Friday, ha venduto numerose Instant Pot (ne ho presa una anche io!), facendo una serie di storie su come utilizzarla e quali erano soprattutto i punti di forza e di debolezza.
Voi, come consumatori, non sentite il desiderio di conoscere i prodotti che pensate di acquistare?
Non sareste curiosi di vedere il tutorial di come usare il phon Dyson per farvi i capelli mossi, o di vedere come funziona una pentola a pressione, o come può essere utilizzata una palette di ombretti su una persona con una carnagione simile alla vostra?
E non sarebbe ancora meglio se questa esperienza non fosse solo passiva (pubblicità, televendita, content marketing), ma dopo aver usufruito di quel contenuto pubblicitario online, se siete ancora indecisi, poteste anche recarvi in uno showroom a provare il prodotto, ottenere un campione omaggio di una crema, candidarvi a una esperienza di trucco personalizzato?
Proprio ieri mi è capitato di incontrare un grande cliente che si occupa di puericultura pesante e di far notare che per comprare una carrozzina, una delle informazioni importanti è conoscerne le misure, per farla entrare nel bagagliaio dell’auto. E ho detto: sarebbe bello vedere un video o delle foto in cui la carrozzina è dentro il bagagliaio. Così non dovrei andare a misurare passeggino e automobile, ma potrei capirlo in modo intuitivo.
Ed è scattata la scintilla: Facciamo una serie di foto con le auto più usate dalle famiglie!
Pensate a come migliorerebbero anche i prodotti, se aziende e consumatori/publisher potessero davvero discutere delle funzionalità del prodotto, invece che della mission, della vision, della brand identity…
Per me il futuro della pubblicità online è questo: la morte del banner e del rich media interruttivo, e la rinascita di contenuti che da una parte ispirano e divertono, dall’altra ci spiegano le qualità e la filiera dei prodotti, per darci in mano il nostro vero potere da consumatori: la scelta.
Là fuori il prodotto giusto per noi c’è: chi ci aiuta a trovarlo e non lasciarlo più?
[…] Il Covid ha portato alla luce un enorme problema delle aziende italiane: la scarsa digitalizzazione e presenza online. C’è voluta una pandemia per accorgersi che i clienti – in un trend che andava avanti già da almeno 3 anni – raggiungono i brand da diversi touch point, in uno scenario multichannel. […]